mercoledì 11 giugno 2014

Tesi sulla “Seconda Europa” unificata da Mosca




Luc Michel per il Think Tank “EODE”, 23/11/2013
Terza edizione 2013 aggiornata (prima edizione, dicembre 2006)


# I / INTRODUZIONE ALLA TERZA EDIZIONE 2013
Ho pubblicato, nel dicembre del 2006, la prima versione di questa analisi geopolitica, che ha sviluppato le mie “Tesi geopolitiche sulla ‘Seconda Europa’ unificata da Mosca”. Analisi rivoluzionaria che rinnova la visione geopolitica, ma anche ideologica, dei rapporti Est-Ovest tra la Russia e i suoi alleati, così come la visione della natura geopolitica dell’Unione Europea.
L’idea centrale, l’idea-forza: l’Europa non si limita all’Unione Europea! O agli stati che le sono momentaneamente associati, come la Moldavia e la Serbia. La Russia, che ha riconquistato l’indipendenza con Vladimir Putin, è anch’essa Europa! Una SECONDA EUROPA, un’ALTRA EUROPA eurasiatica, si trova ora a Mosca, contro l’Europa atlantista di Bruxelles.
Queste tesi sono state sviluppate per il pubblico di lingua russa durante una conferenza presso l’Università di Tiraspol, Repubblica Moldava di Dniester (PMR), nel maggio del 2007. Poi, nel luglio del 2007, a Tver in Russia, in occasione di una conferenza di formazione per i “Campi Seliger 2007″, organizzata dal Movimento della Gioventù russa anti-fascista ‘Nashi’, a cui ho partecipato come formatore. Una terza versione è stata pubblicata nel 2011 per ‘EODE Think Tank’, recante il suo titolo attuale.
Quest’analisi si situa direttamente nel solco della prospettiva e delle tesi sviluppate tra il 1982 e il 1991 dai teorici della “Scuola di Geopolitica euro-sovietica” (Thiriart – Cuadrado Costa – Luc Michel) (1) – da cui si è anche sviluppato, dopo il 1991, il “neo-Eurasiatismo russo” (con molte deviazioni) – che ha sostenuto l’unificazione europea dall’Est all’Ovest. Una Grande-Europa da Vladivostok a Reykjavik, attorno a Mosca. Le mie tesi del 2006 attualizzano le analisi “euro-sovietiche”, dopo il crollo dell’URSS. Dal 1983, io vado affermando che “la Russia è anche Europa”…
Le mie tesi affrontano due dei temi più importanti dell’agenda geopolitica pan-europea: la “politica europea di sicurezza collettiva” (PESC) e il “Partenariato orientale” (Eastern Partnership) dell’UE all’Est, che mira a integrare Azerbaijan, Armenia, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina nella sfera d’influenza geopolitica della UE. Macchina geopolitica che intende in realtà staccare da Mosca il suo “estero vicino” e che corrisponde strettamente all’agenda geopolitica di Washington e della NATO in Eurasia. In occasione della Conferenza Internazionale “The Prospects of the Eastern Partnership”, svoltasi a Minsk, in Bielorussia, il 5 maggio del 2011 (2), sono stato anche in grado di sviluppare le mie tesi e la mia visione critica del “Partenariato orientale” (3).
L’attualità conferma la mia analisi del 2006. Opponevo ad una piccola-Europa atlantista intorno alla UE, una Grande-Europa eurasiatica intorno a Mosca. Il confronto tra Bruxelles e Mosca è ora aperto e va ben oltre le questioni economiche. Si tratta di una scelta aperta tra due visioni del futuro del Continente. Come il fallimento della UE in Ucraina, che ha scelto Mosca come visione d’integrazione pan-europea, la fine del regime atlantista di Saakhasvili in Georgia, e quello annunciato in Moldova, vanno a dimostrare.




# II / GEOPOLITICA DELLA GRANDE-EUROPA: TESI SULLA “SECONDA EUROPA” UNIFICATA DA MOSCA

Dopo l’implosione dell’URSS, un “grande gioco” geopolitico si sviluppa su tutto il territorio delle ex repubbliche sovietiche fino ai confini della Russia. L’obiettivo è il controllo delle risorse energetiche (petrolio, gas, minerali strategici) e le loro rotte. Ma anche e soprattutto la dominazione in Eurasia, di cui i teorici dell’imperialismo americano, come Brzezinski e la sua “Grande Scacchiera”, pongono – giustamente – come la chiave della dominazione mondiale.
LA POLITICA FONDAMENTALMENTE ANTI-RUSSSA DI WASHINGTON E DELLA NATO
Obiettivo: respingere la Russia, smembrare la Federazione russa (come lo fu per l’URSS, poi per la Jugoslavia, prima tappa di questo vasto progetto imperiale) dissociandola dal suo nucleo storico.
“I paesi baltici sono già membri della NATO, l’Ucraina e la Georgia che bussano alla porta della NATO, l’Azerbaijan farà lo stesso nel prossimo futuro: in breve, si sta stendendo intorno alla Russia un “cordone sanitario” come quello che fu istituito dalla comunità internazionale nel primo quarto del secolo scorso intorno allo Stato bolscevico che stava nascendo”, ha denunciato la Nezavisimaya Gazeta di Mosca alla fine del 2006.
Proprio Brezinski pubblicò, alla fine degli anni ’90, sulla prestigiosa rivista americana “National Review”, un piano di smembramento della Russia in tre piccoli Stati (Moscovia, Urali, Siberia). Un deja vu, perché questo fu già il progetto del teorico nazista Alfred Rosenberg, cantante razzista dell’espansione tedesca verso l’est!
La Russia – paralizzata per un decennio dai suoi dirigenti pro-occidentali, dalla cricca di Eltsin, dai politici liberali e dagli oligarchi che hanno saccheggiato il paese – ha sofferto a lungo questo nuovo “Drang nach Osten”, retrocedendo di ritirata in ritirata, ristabilendosi ai confini del XVI secolo, perdendo territori storici (come i paesi baltici) e alleati.
LA RUSSIA E’ TORNATA!
Poi è arrivato Putin! Oggi, ed è una rivoluzione geopolitica, la Russia è tornata. Potenza energetica globale, con uno Stato forte ripristinato, orgogliosa del suo passato, sia questo sovietico o russo, rifiuta la via occidentale. 

“Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia non ha cessato un secondo di aspirare alla sua restaurazione e, oggi, è sulla via di realizzare in qualche modo quel piano”, ha commentato il quotidiano dell’Azerbaijan Azadliq (29 novembre 2006), quando cominciava questa rivoluzione geopolitica.
E i progetti di Mosca rivelano la potenza ritrovata del colosso europeo. “Gli esperti intravedono nella politica del Cremlino un tentativo di creare una nuova alleanza sullo scacchiere della CSI”. “A differenza dei progetti dei tecnici politici occidentali, la Russia non solo ha conservato, ma ha anche rafforzato il suo ruolo di leader economico, politico e culturale nei paesi che Mosca chiama gentilmente “estero vicino” … E se il Cremlino avesse un desiderio segreto di condurre il processo di integrazione nello spazio del CSI al loro fine logico, fino alla creazione cioè di un nuovo Stato, un’alleanza alla maniera dell’Unione Europea?”, s’interroga il quotidiano Golos Armenii (7 settembre 2006).
UNA “SECONDA EUROPA”, UN’ “ALTRA EUROPA” EURASIATICA SI STA ERGENDO
Attorno alla Russia – soprattutto con il presidente bielorusso Lukashenko, ma anche con la Cina, anch’essa preoccupata delle pretese di Washington in Eurasia – si sta ricostituendo un polo di potenza, geopolitico, economico e militare; si erge nuovamente, sullo Spazio ex-sovietico, una grande potenza in grado di competere con Washington e con il suo braccio armato militare della NATO.
Intorno alle organizzazioni transnazionali che si stanno costituendo intorno a Mosca:
• la Comunità Economica Eurasiatica (CEEA: con Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan, Uzbekistan, Russia e Tagikistan);
• l’Organizzazione del Trattato della Sicurezza Collettiva (OTSC della Comunità degli Stati Indipendenti, alleanza militare del tipo dell’Organizzazione del Trattato di Varsavia);
• l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS: Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Cina, Tagikistan e Uzbekistan; Pakistan, Iran, India e Mongolia hanno lo status di osservatore, Cina e Russia svolgono i ruoli centrali);
• lo Spazio economico comune (SEC, Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan);
• l’Unione Eurasiatica economica e doganale (Russia, Bielorussia, Azerbaijan),
una SECONDA EUROPA, un’ALTRA EUROPA eurasiatica si erge di fronte alla Piccola-Europa atlantista di Bruxelles legata agli Stati Uniti.
Nessuno ora contesta più questa tesi geopolitica, enunciata per la prima volta da Jean Thiriart, il padre del “Comunitarismo europeo” nel 1964, seconda la quale “l’Europa va dall’Atlantico a Vladivostok”.
È quindi una Seconda Europa che emerge. Come indicò chiaramente, nel 2006, il presidente russo Putin. Allora, l’articolo di Vladimir Putin “sul partenariato UE-Russia”, pubblicato originariamente sul Financial Times, suscitò ampi echi sulla stampa mondiale. Dalle parole di Vladimir Putin, si poteva comprendere come un accordo con l’UE fosse stato il suo più grande desiderio. Per esempio, fu istruttivo leggere che, a parere di Putin, la “Russia è parte della famiglia europea”.
Questa Seconda Europa è, lei sì, indipendente dagli USA a differenza dell’Unione Europea – gigante economico e nano politico a causa della NATO – di Bruxelles e Strasburgo.
Sei anni più tardi, in occasione del vertice UE-Russia del 21 dicembre 2012 a Bruxelles, le due visioni si affrontarono. Apertamente. Il presidente russo Vladimir Putin e i rappresentanti dell’Unione Europea, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, “hanno discusso le loro molte differenze pur affermando la propria volontà di superarle, soprattutto per continuare ad incrementare gli scambi”, ha commentato Le Temps (Ginevra).
Due visioni del futuro dell’Europa si affrontano. Da una parte la piccola-europa di Bruxelles, l’Unione Europea, inclusa nella sfera d’influenza di Washington da più di sei decenni attraverso la NATO. Dall’altra, la creazione di un insieme geopolitico e geoeconomico eurasiatico intorno a Mosca. Il solo stato europeo veramente libero ed indipendente, perché in geopolitica solo la dimensione conferisce il potere, ed il potere garantisce la libertà.
UNA SUPERPOTENZA SORGE AD EST! 
È significativo che i media della NATO non parlino quasi mai del nuovo blocco e delle sue organizzazioni transnazionali che si stanno ergendo all’EST. Chi, nel pubblico dell’Europa dell’Ovest, ha sentito parlare della OCS, la OTSC o della CEEA?
Si tratta di far credere alle masse occidentali che l’Uniuone Europea incarni il solo il progetto europeo (sic) e che la NATO sia l’unico blocco militare onnipotente del nuovo secolo (resic).
Nulla è più lontano dalla verità! “Al di là delle critiche oggettive, la CEEA è oggi una delle più efficaci alleanze regionali sullo scacchiere post-sovietico…Il riallineamento dell’Uzbekistan alla CEEA, nel gennaio 2006, e la ripresa dei negoziati sull’adesione dell’Ucraina, permettono di supporre che la CEEA succederà alla CEI. E se la CEEA si dovesse unire con l’Organizzazione del Trattato della Sicurezza Collettiva (OTCS: Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan), cosa molto probabile, si assisterà allora alla formazione definitiva di una nuova organizzazione internazionale militare-politico-economica… La Russia comincia quindi a realizzare attivamente il proprio progetto d’integrazione nello spazio post-sovietico, dotata di una forte componente militare e rafforzata da sussidi economici reali”, ha commentato il quotdiano del Caucaso Lragir (23 agosto 2006).
Per quanto riguarda la OCS, questo è un blocco che spaventa Washington e la NATO. “Su scala globale, è una combinazione potente. I membri dell’organizzazione occupano i tre quinti del territorio dell’Eurasia, costituiscono un quarto della popolazione mondiale e hanno un Pil di 2.500 miliardi di dollari”, ha commentato il Voenno Promychlenny Kurier (11 ottobre 2006). Tenuto conto dell’adesione possibile di nuovi membri, la OCS potrà contare su risorse umane immense (3 miliardi di persone), della metà delle riserve mondiali di petrolio e di gas e di circa la metà del potenziale di difesa accumulato sul globo terrestre. Oltre all’integrazione economica (l’organizzazione prevede la libera circolazione delle merci, dei capitali, delle tecnologie e dei servizi da qui a 20 anni), si rivela non meno importante l’integrazione militare (…). Riunitosi a fine settembre 2006 a Pechino, il Consiglio della Struttura antiterrorista regionale della OCS ha allora confermato che i sei paesi avevano instituito la loro organizzazione non solo per sviluppare la cooperazione economica, ma anche per garantire la loro sicurezza e per adempire a dei compiti geopolitici.
L’integrazione militare e la geopolitica energetica dei sei stati della OCS ha già “spaventato” gli Stati Uniti, al punto che il sotto-segretario di Stato americano per l’Asia centrale e meridionale sotto Bush II, Richard Boucher, alla fine del 2005, aveva esortato la OCS, a nome dell’amministrazione Bush, “a rinunciare alle dichiarazioni geopolitiche e a concentrarsi sull’economia.” La OCS e gli Stati Uniti – e anche, in un certo senso, la NATO – sono già, di fatto, rivali geopolitici.
Aggiungiamo che la OCS e la OTSC hanno una politica d’integrazione a livello militare. Nell’estate del 2007, queste due organizzazioni hanno condotto le loro prime esercitazioni tattiche congiunte. “La OTSC e la OCS costituiscono insieme quasi la metà della popolazione del mondo. Per la loro influenza all’interno delle Nazioni Unite e delle altre organizzazioni internazionali, esse possono competere con gli Stati Uniti e con la NATO, ciò che molti dei responsabili politici dei paesi in questione non apprezzano molto”, analizza la Ria Novosti. Risultato: Bruxelles si rifiuta ancora di accettare la proposta della OTSC che la invitava a cooperare nella lotta contro l’afflusso della droga afghana, anche se molti dei paesi membri della OTSC condividono una frontiera comune con l’Afghanistan, e che gli sforzi congiunti della NATO e della OTSC sarebbero più utili delle azioni disparate. Il fatto è che la NATO non considera la OTSC come un partner alla pari. Tuttavia, a Mosca questo importa poco”.
MOSCA, PIEMONTE DELLA GRANDE-EUROPA? 
Nei primi anni ’80, con Jean Thiriart, abbiamo lanciato la “Scuola Euro-sovietica”, che auspicava l’unificazione – contro gli Stati Uniti e la NATO – della Grande-Europa dall’est all’ovest, l’URSS divenendo il Piemonte di un “Impero Euro-sovietico”, una teoria che da allora ha fatto molta strada ad est.
Il nostro supporto a Mosca, Piemonte dell’Altra Europa, è l’adattamento di questa tesi fondamentale alle condizioni geopolitiche del nuovo secolo. La Russia di oggi, come in passato lo era l’URSS, è l’unica potenza europea veramente indipendente da Washington, la sola ad avere una politica indipendente, veramente eurasiatica e non atlantista.




# III / IL CASO DELLA FRANCIA NEL 2013
IL PROGETTO GEOPOLITICO DELL’ASSE PARIGI-MOSCA E’ ANCORA ATTUALE? 
Bisogna evocare il caso francese.
Perché ci vuole un chiarimento teorico. E una visione realistica.
L’EREDITÀ DELLA POLITICA EUROPEA D’INDIPENDENZA DEL GENERALE DE GAULLE 
Dai primi anni ’60 al discorso di Villepin alle Nazioni Unite nel 2003 – canto del cigno o ultimo sussurro della politica gollista –, nell’Europa dell’Ovest, un altro potere, la Francia, aveva ancora delle sporadiche velleità d’indipendenza. Proprio quando si ricordava della grande politica anti-atlantista – e già pro-russa – del Generale De Gaulle. Ma la Francia post-gaullista era già uno stato schizofrenico, paralizzato da potenti lobbies straniere, dove coesistevano impulsi gaullisti e istanze di sottomissione all’atlantismo (come in Libano e Siria, dove la Francia, giocando contro il proprio interesse, ha servito gli interessi di Washington e Tel Aviv). I dirigenti francesi – i Chirac, Villepin, Sarkozy, ma anche Mitterrand o Hollande – hanno da tempo voltato le spalle alla politica gaullista. Pretendere il contrario è un imbroglio politico. La reintegrazione della Francia nella NATO, le avventure militari in Libia, Siria e Mali dopo il 2010, non offrono più sbocchi per una grande politica neo-gollista.
I sostenitori della Tesi dell’ “asse Parigi-Mosca” invece – che noi abbiamo sviluppato agli inizi del 1993 – non vedono questa interruzione della politica francese. Ma la Francia si è ingaggiata nel 2013 su un asse Washington-Parigi totalmente opposto.
UN CONCETTO OBSOLETO
Nel 2006, con la presidenza Sarkozy e con il reinserimento militare della Francia nella NATO, ho sviluppato un nuovo concetto, quello della “Seconda Europa”, destinato a fornire un’alternativa al concetto obsoleto dell’ “Asse Parigi-Mosca”.
Questo fu la fine – definitiva o provvisoria a lungo termine (la Francia conserva una potenzialità di ritrovare la politica gollista, ma non è l’oggetto di quest’articolo) – di quel concetto innovativo che era stato l’“asse Parigi-Mosca”. Un concetto che ero stato il primo a definire a partire dagli ultimi giorni del 1992, riflettendo su una linea alternativa alla nostra “Scuola geopolitica euro-sovietica”, a seguito del crollo dell’URSS. Questo molti anni prima che il concetto fosse ripreso, soprattutto, da De Grossouvre. E che offriva un’opzione alla costruzione di un’Europa reale e indipendente.
Ho spesso insistito, dall’avvento degli anni di Sarkozy – che annunciò chiaramente le sue scelte atlantiste e filo-americane – che la reintegrazione politico-militare della Francia nella NATO avrebbe messo fine alla validità di quel concetto. Senza una vera politica gollista – fuori dalla NATO, contro Washington – non aveva più senso l’“asse Parigi-Mosca”. Sono infastidito dal leggere ancora articoli di dilettanti, privi di cultura storica e geopolitica, che riportano in auge questo concetto anni dopo il tradimento fondamentale di Sarkozy.
Un asse Parigi-Mosca non esisterà realmente se non quando la Francia si ricorderà di De Gaulle e romperà con l’atlantismo. Ne siamo molto lontani oggi.
Resta quindi Mosca e il blocco che le si sta organizzando intorno!




# IV / RITORNO ALLA GUERRA FREDDA?

Tra questi due blocchi, che sono de facto rivali geopolitici, sta cominciando un confronto sempre più aperto. Gli analisti parlano esplicitamente, e giustamente a mio avviso, di “ritorno alla guerra fredda”.
“I conflitti che scoppiano per vari motivi con i vicini più prossimi (i paesi baltici e quelli della CSI), i molti problemi con gli Stati Uniti, i paesi e le strutture dell’Unione Europea sono diventati, in questi ultimi tempi, una costante della politica estera russa. Questi conflitti sono interpretati, all’interno del paese, come una testimonianza del ritorno della potenza di una volta, che sembrava persa per sempre”, ha commentato il quotidiano russo Kommersant.
SFERE D’INFLUENZA E CONFRONTAZIONE EST-OVEST
In risposta a questa situazione di crisi, il ministro della Difesa russo Sergei Ivanov, uno stretto collaboratore di Putin, aveva proposto nel 2006 di dividere il mondo tra l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTCS) e la NATO. Secondo Ivanov, “la messa a punto di un meccanismo di cooperazione tra la NATO e la OTCS, con una chiara delimitazione delle sfere di responsabilità, avrebbe contribuito al rafforzamento della sicurezza internazionale”. “La proposta di Sergei Ivanov riporta indietro ai giorni del confronto tra la NATO e i paesi del Patto di Varsavia”, ha aggiunto Kommersant.
A Washington, i falchi statunitensi cercano regolarmente il confronto. Il senatore americano Richard Lugar ha rilasciato, alla fine del 2006, delle proclamazioni nello spirito della “guerra fredda” all’indirizzo della Russia, accusandola di non voler ripartire la propria sovranità energetica e teorizzando una nuova dottrina anti-russa della NATO.
GEOECONOMIA E GEOSTRATEGIA. LA SOVRANITÀ ENERGETICA PER LA OTCS
Perché uno dei principali obiettivi della OTCS è proprio quello di garantire la sovranità energetica dei paesi membri di questa organizzazione. L’influente senatore repubblicano Richard Lugar, presidente della Commissione del Senato per gli affari esteri, ha dichiarato che il blocco militare della NATO dev’essere pronto a rispondere ad un “attacco” e al ricatto che utilizza l’energia, in quanto arma a disposizione di paesi come la Russia. “L’uso dell’energia come arma non è una minaccia teorica del futuro: è già in corso”, ha dichiarato il signor Lugar a Riga, il 28 novembre 2006, in un vertice della NATO. Secondo il senatore yankee, “la sospensione da parte della Russia delle consegne delle forniture energetiche all’Ucraina è testimonianza della tentazione di servirsi dell’energia come di un mezzo per raggiungere obiettivi politici”. “La Russia ha abbandonato il confronto, dopo una grave reazione da parte dell’Occidente, ma quale sarebbe stata la risposta della NATO se la Russia avesse mantenuto l’embargo?”, si è chiesto il senatore statunitense, avvertendo che, in quel caso, “l’economia e le forze armate ucraine sarebbero state distrutte senza colpo ferire, e il pericolo e le perdite subite da diversi paesi della NATO sarebbero stati considerevoli”.
“La NATO deve determinare le misure da prendere nel caso la Polonia, la Germania, l’Ungheria o la Lettonia cadano sotto la stessa minaccia subita dall’Ucraina”, ha continuato a martellare Richard Lugar, invitando ad estendere al settore energetico il “capitolo 5″ dello statuto della NATO, che precisa che un’aggressione contro un membro dell’Alleanza equivale ad un attacco contro l’intero blocco militare. “Dato che un attacco con l’utilizzazione dell’energia in quanto arma può rovinare l’economia di un paese e fare centinaia, addirittura migliaia di vittime, l’Alleanza deve prendere un impegno secondo il quale la difesa contro un tale attacco rientra nel ‘capitolo 5’”, ha sottolineato il presidente della commissione del Senato, rilevando che “nelle condizioni attuali, un conflitto energetico equivale a un conflitto armato. Qundi non c’è praticamente alcuna differenza se un paese membro (della NATO) è costretto a sottomettersi alla volontà altrui a causa di un’interruzione d’energia o perché si confronta con un blocco militare o con una dimostrazione di forza ai suoi confini”, ha detto.
ESPANSIONE DELLA NATO NELL’EST O NUOVI RAPPORTI DI FORZA IN EUROPA?
“Accettando la demolizione del muro di Berlino, la Russia sperava che la NATO avrebbe mantenuto la promessa di non espandersi all’Est, ma gli ex membri del Patto di Varsavia e dei paesi baltici hanno aderito all’Alleanza. Di fronte ai punti di confronto che spuntano nei rapporti con la NATO, Mosca propone regolarmente all’Alleanza atlantica un nuovo formato di rapporti in Europa. La NATO voreebbe continuare ad espandersi ammettendo nuovi Stati della CSI (Comunità degli Stati Indipendenti). La Russia vi si oppone attivamente. Gli sforzi diplomatici non fanno alcuna differenza. Non rimane che l’alternativa di misure violente”, avverte ancora Kommersant.
Nel 2008, l’aggressione della Gerogia del regime di Saakhasvili all’Ossezia del Sud – con la punizione militare inflitta a Tbilisi a seguito dell’intervento dell’esercito russo – ha dimostrato che la violenza non è un argomento teorico.
I blocchi di opposizione nello spirito della “guerra fredda” dovrebbero scoraggiare alcune repubbliche post-sovietiche ad aderire precipitosamente all’Alleanza. Ecco perchè la OTCS – “questo nuovo Patto di Varsavia”, secondo il Kommersant – definisce chiaramente il suo posto in Europa. Questo blocco comprende, tra i suoi potenziali alleati, i paesi dell’Asia facenti parte del Gruppo di Shanghai, in particolare la Cina, che rappresenta una forza imponente nella competizione con la NATO.




# V / DALLA GUERRA FREDDA AL CONFRONTO: I PUNTI DI CRISI TRA LA RUSSIA E LA NATO E LA DIVISIONE DELL’EUROPA 

Uno dei punti caldi di questo confronto, sono le repubbliche autoproclamate di Pridnestrovie, Abkhazia, Ossezia del Sud – si chiamano anche “CIS-2″ – e del Nagorno-Karabakh. È qui che il confronto tra la NATO e la Russia si esprime direttamente, alle frontiere caucasiane e nelle provicie frontaliere europee della Russia.
“LE REPUBBLICHE VENUTE DAL FREDDO”
L’Abkhazia (capitale Sukhumi), una ex-repubblica autonoma della Georgia sovietica dal 1931, ha combattuto le forze georgiane dal 1992 al 1994, all’indomani della dissoluzione dell’URSS nel dicembre 1991. Sukhumi non ammette la sovranità di Tbilisi sul suo territorio e applica una politica che punta ad ottenere un’indipendeza riconosciuta della comunità internazionale. Dopo la guerra russo-georgiana dell’estate del 2008, Mosca, e alcuni dei suoi alleati, hanno riconosciuto la Repubblica di Abkhazia.
Ex-regione autonoma della Georgia secondo la divisione amministrativa dell’URSS, l’Ossezia del Sud (capitale Tskhinvali) ha dichiarato la propria indipendenza il 20 settembre del 1990. Tbilisi ha poi risposto e le operazioni militari hanno causato migliaia di morti su entrambi i lati nel 1990-1992. Durante il primo referendum del gennaio 1992, dopo il crollo dell’URSS, l’Ossezia del Sud ha votato massicciamente a favore della sua indipendenza dalla Georgia. I Sud-osseti sono alla ricerca di un riavvicinamento con l’Ossezia del Nord, repubblica nel Caucaso settentrionale russo, notando che gli osseti, del Nord come del Sud, hanno volontariamente aderito alla Russia nel 1774, ben 30 anni prima della Georgia. Quasi il 99% degli abitanti dell’Ossezia del Sud ha detto “sì” al referendum del 12 Novembre del 2006 organizzato dalle autorità separatiste e proponendo di rendere la regione uno Stato indipendente. Tskhinvali non nasconde il suo obiettivo strategico di riunificazione con l’Ossezia del Nord, una repubblica russa nel Caucaso del Nord, e si rifiuta di riconoscere la sovranità georgiana sul suo territorio. Dopo la guerra russo-georgiana dell’estate del 2008, Mosca, e alcuni dei suoi alleati, hanno riconosciuto la Repubblica dell’Ossezia del sud.
Pridnestrovie (PMR, capitale Tiraspol), la zona più industrializzata della ex repubblica sovietica di Moldova e popolata per due terzi da slavi, ha dichiarato la sua indipendenza da Chișinău nel 1989, sotto l’URSS, poi di nuovo nel 1992, dopo la dissoluzione dell’URSS e dopo alcuni mesi di lotta contro le forze moldave pro-rumene. Da allora, Tiraspol rifiuta di riconoscere la sovranità moldava sul suo territorio e applica una politica indipendente, rafforzata dopo il referendum per l’indipendenza del settembre del 2006, in gran parte vinta dai sostenitori del riavvicinamento alla Russia. Il 17 settembre 2006 un referendum si è infatti svolto nella Repubblica Moldava di Pridnestrovie (PMR), e nel quadro di questa consultazione nazionale, la stragrande maggioranza della popolazione di questa auto-proclamata repubblica si è pronunciata per il proseguimento della politica d’indipendenza della Pridnestrovie e della sua unione con la Russia.
Infine, il Nagorno-Karabakh (capitale Stepanakert), “il secondo Stato armeno”, enclave a maggioranza armena in Azerbaigijan, si separò da Baku alla fine di un conflitto armato che, tra il 1988 e il 1994, causò migliaia di morti. Il Nagorno-Karabakh aveva goduto, nella Repubblica Sovietica di Azerbaigijan, dello status di regione autonoma. Nel 1988, grazie alla perestroika di Gorbaciov, la popolazione locale ha preteso la riunificazione dell’enclave alla Repubblica Sovietica di Armenia. Nonostante i molteplici tentativi di Mosca di riportare la calma nel paese, scoppiò una guerra vera e propria tra l’Azerbaigijan e la regione dopo la caduta dell’Unione Sovietica nel 1991. Il 2 settembre del 1991, le autorità separatiste dichiararono l’indipendenza della Repubblica del Nagorno-Karabakh inglobando la regione autonoma del Nagorno-Karabakh e il distretto di Chaoumian. Un cessate il fuoco fu raggiunto nel 1994, ma la situazione rimane tesa, nonostante gli sforzi di mediazione del Gruppo di Minsk dell’OSCE. Da allora, sono in corso trattative a vari livelli tra Baku e Yerevan.
QUATTRO “CONFLITTI CONGELATI”
Quattro “conflitti congelati” persistono intorno a queste quattro repubbliche, che si cerca, con il sostegno della NATO e di Washington, di annientare con la forza. Nell’Abkhazia e nell’Ossezia del Sud aggredite dalla Georgia, i combattimenti non sono cessati che dopo l’intervento di una forza internazionale di peacekeeping nel 1994 e il conflitto armato è ripreso nell’estate del 2008. La situazione rimane tesa nel Nagorno-Karabakh, nonostante il cessate il fuoco e gli sforzi di mediazione dell’OSCE. La Pridnestrovie reclama da oltre 20 anni la sua indipendenza dalla Moldavia attraverso vari referendum, e ospita un contingente di forze di pace russe, nonostante l’opposizione moldava.
Si noti che il 30 settembre 2006, i presidenti dei parlamenti di queste tre repubbliche non riconosciute – ma tuttavia il diritto internazionale le riconosce come “soggetti di diritto internazionale” in quanto parti in conflitto – Abkhazia, Ossezia del Sud, Pridnestrovie, hanno firmato un accordo che istituisce l’Assemblea parlamentare della Comunità “Per la democrazia e i diritti dei popoli”.
Questa Comunità, successivamente qualificata come “CIS-2″, è stata istituita nel giugno del 2006 dai leader delle tre repubbliche e il Trattato di amicizia prevede l’assistenza reciproca a livello politico ed economico ma anche, in caso di aggressione, un’assistenza militare.
LA NATO ALIMENTA LA DIVISIONE IN EUROPA!
La logica della NATO implica uno stato di conflitto permanente che divide l’Europa in campi ostili, introducendo il confronto all’interno degli Stati e tra di loro.
Il riconoscimento dei diritti dei popoli della Pridnestrovie, dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, o del Karabakh – che passa attraverso il referendum democratico – non deve implicare, secondo noi, alcuna ostilità verso i popoli della Moldavia, della Georgia o dell’Azerbaijan.
I conflitti della “CEI-2″ dimostrano di nuovo la nocività della NATO. E’ la NATO che spinge alla perpetuazione di questi conflitti, all’ostilità tra popoli vicini. Perché la NATO ha interesse a creare delle situazioni d’instabilità, mantenendo quella logica della guerra per cui è stata creata. Così la NATO sostiene direttamente gli estremisti fascisti di Chisinau e Tbilisi (come ha fatto anche nei paesi baltici, sostenendo fortemente gli estremisti nella loro odiosa xenofobia anti-russa), contro i sostenitori della pace.
Mosca ha proposto diversi piani di pace, basati sulla federalizzazione degli Stati interessati, tutti piani silurati dagli estremisti sostenuti dalla NATO.
E’ la NATO, Washington e la divisione dell’Europa che loro mantengono da più di 60 anni, la responsabile di tutte queste guerre civili tra europei. Domani, nella Grande-Europa da Vladivostok a Reykjavik, non ci sarà più spazio per delle guerre civili di divisione alimentate da interessi imperialisti extra-europei.
LA NATO: SCUDO O IMBRACATURA? LA SUDDITANZA E’ IL “PECCATO ORIGINALE” DELLA UE
L’Atlantismo è un veleno mortale, un male che paralizza la UE e divide il continente europeo. Ed è precisamente il suo ruolo. Perché la NATO non è, oggi che l’Unione Sovietica non esiste più – e non diversamente da ieri – lo “scudo dell’Europa” (sic). Ma la sua imbracatura. Uno strumento politico, militare e diplomatico di sottomissione e controllo. Che garantisce agli Stati Uniti la duplicazione dei suoi mezzi militari – la NATO è la fanteria coloniale del Pentagono – il controllo sull’industria degli armamenti (chiave dello sviluppo industriale e scientifico), un mercato continentale per le sue lobby militari-industriali e, infine, la soggezione della diplomazia e della politica estera dell’Unione Europea a quella di Washington. E secondariamente a quella del suo alleato e complice, Tel Aviv.
Il peccato originale della UE, questa pseudo “Europa” al guinzaglio – che è tutto tranne che l’Europa – è proprio l’asservimento, inscritto nel Trattato di Maastricht, della sua difesa e della sua politica estera alla NATO e al suo egemone americano. Ed è proprio questa sudditanza che conduce al fallimento della UE. Che le impedisce di diventare uno Stato ed un Impero transnazionale. E che spiega il fallimento annunciato dell’Euro. Dal momento che la moneta unica e il mercato unico devono, per avere successo, sfociare nello Stato federale, unitario (si rilegga Thiriart). Senza assicurarsi i poteri sovrani della difesa e della designazione del nemico (si rilegga Carl Schmitt), l’Unione Europea non è in grado di mantenere a lungo il potere regale di battere moneta.




# VI / PER UNA CONCLUSIONE POSITIVA
DOMANI TUTTI CITTADINI UNITI IN UNA GRANDE PATRIA EURASIATICA: VERSO UNA CITTADINANZA PANEUROPEA
La nostra analisi geopolitica, fredda e razionale, non ci impedisce di avere una visione positiva per il futuro. I cittadini della Pridnestrovie e della Moldavia, dell’Ossezia, dell’Abkhazia e della Georgia avranno il diritto, come tutti gli altri cittadini europei, al loro posto nella Grande-Europa unificata. E non ce l’avranno che là.
Si avranno uguali diritti ed uguali doveri, attorno ad una stessa cittadinanza, e non dei diritti ridotti e variabili a seconda dell’origine, come è nella molto inegualitaria ed anti-democratica Unione Europea. Dove convivono i paesi del nucleo fondatore muniti di tutti i diritti e dei “popoli di seconda classe” come i nuovi paesi aderenti – rumeni, bulgari, ecc -, i cui cittadini hanno dei diritti ridotti, dei cittadini della UE senza diritti politici come molti cittadini delle minoranze russofone dell’Estonia e della Lettonia, che stanno di fronte a “popoli esterni” a cui viene promessa un giorno lontano l’entrata nella UE.
Europei dell’Est e dell’Ovest, senza alcuna distinzione d’origine nazionale, etnica, linguistica o confessionale: tutti cittadini uniti nella stessa Grande Patria eurasiatica…
In linea con il lavoro pionieristico della nostra Scuola geopolitica “euro-sovietica” degli anni 1983-1991, con il concetto di “Grande-Europa”, concepiamo in particolare la Russia e l’Unione Europea come le due metà della Grande-Europa, l’Europa-continente da Vladivostok a Reykjavik.




 
Luc Michel

Traduzione a cura di Michele Franceschelli 



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Note:
(1) Nei primi anni ’80, Thiriart ha fondato con José Quadrado Costa e me stesso, la “Scuola di geopolitica euro-sovietica”, dove abbiamo sostenuto un’unificazione continentale da Vladivostok a Reykjavik sul tema dell’ “Impero euro-sovietico” e sulla base di criteri geopolitici.
Teorico dell’Europa unitaria, Thiriart è stato ampiamente studiato negli Stati Uniti, dove delle istituzioni accademiche come la “Hoover Institute” o l’”Ambassador college” (Pasadena) hanno dei fondi d’archivio che lo concernono. Le sue tesi antiamericane, “rivoltate”, vengono largamente riprese da Brzezinski, definendole a vantaggio degli USA; tesi che Thiriart aveva concepito per l’unità continentale eurasiatica.
Sulla Scuola geopolitica “euro-sovietica”, cfr:
* José Cuadrado Costa, Luc Michel e Jean Thiriart, Textes Euro-Sovietiques, Ed. Machiavel, 2 vol. Charleroi, 1984 ;
Questa raccolta di testi è stata pubblicata in lingua francese, olandese, spagnola, italiana, inglese e russo.
(2) Cfr. La pagina della Conferenza pubblicata da EODE Press Office:
MINSK: International Conference “The Prospects of the Eastern Partnership”, su: https://www.facebook.com/EODE.Minsk.Conference.2011.easternpartnership
(3) Sul « Partenariato orientale» della UE, le politiche di “coesistenza pacifica” e i “processi di transizione” in Europa dell’Est:
Cfr. le mie analisi sulle riforme socialiste in URSS, Iugoslavia, Bielorussia, Libia, Iraq e Siria ba’athista. Anche quelle sul “processo di transizione” in Bielorussia (dove il presidente Lukashenko le ha decretate a partire dal 1996), in Iugoslavia e in Libia.
Cfr. in particolare: Conferenza internazionale: “The prospects of the Eastern partnership” – Minsk 5.05.2011:
Conferenza di Luc Michel (PART.1 – 2 – 3) ripresa su PCN-TV: “Il modello della Bielorussia come alternativa alla globalizzazione (dove invocai largamente la “coesistenza pacifica” in Libia).
http://www.dailymotion.com/video/xjjkaz_the-prospects-of-the-eastern-partnership-conference-de-luc-michel-part-1_news
http://www.dailymotion.com/video/xjjlfo_the-prospects-of-the-eastern-partnership-conference-de-luc-michel-part-2_news
http://www.dailymotion.com/video/xjjmbi_the-prospects-of-the-eastern-partnership-conference-de-luc-michel-part-3-conclusion_news



Link:
Putin: “L’Europa da Lisbona a Vladivostok” 
La “Grande-Europa” contro l’occupante USA

Articolo originariamente pubblicato sul giornale on-line 'Stato e Potenza'