Giuseppe Mazzini, il motto della Repubblica Romana al centro e sulla destra le parole incise sul tricolore adottato dalla Giovine Italia.
Il disfacimento verso cui sta velocemente andando la nostra nazione trova le sue radici profonde sia nel Risorgimento tradito dalla monarchia sabauda e clericale sia in quell’occupazione statunitense che si protrae con continuità dal dopoguerra. Quel disfacimento non è irreversibile ma una nuova ed efficace azione di riscossa nazionale non può che fondarsi sull’esempio degli eroi inascoltati e traditi della Libertà e della Repubblica; un nuovo e autentico Risorgimento che dia finalmente vita a quell’idea di nazione per cui lottarono e morirono a centinaia i martiri della gloriosa Repubblica Romana del triumviro Giuseppe Mazzini.
La cortina fumogena e l’amara verità: oggi l’Italia non è libera ma sotto occupazione.
La retorica dispiegata in gran pompa il 17 marzo 2011 per i 150 anni dell’Unità Nazionale non è stata sufficiente a coprire a lungo lo stato reale di sudditanza in cui si trova la nostra nazione nei confronti dei padroni angloamericani.
Le belle parole sugli Eroi, l’Indipendenza, la Repubblica, la Libertà, si sarebbero sciolte come neve al sole solo due giorni dopo, il 19 marzo, quando la cruda realtà sarebbe venuta allo scoperto. Alla nostra nazione sarebbe stato intimato quel giorno di partecipare – obbligandola a quel dovere di obbedienza nei confronti dei padroni che spetta ai sudditi – ad una criminale e autolesionistica guerra di aggressione alla Giamahiria di Muammar Gheddafi dai prevedibilissimi esiti catastrofici.
Pochi mesi dopo fu la volta della famosa lettera della BCE a firma dell’incappucciato della finanza Mario Draghi e poi i giochi dello spread e della Borsa, incarnazione di quelle logiche e di quel potere finanziario angloamericano anti-democratico cui i nostri servi politicanti avrebbero dimostrato ancora una volta complicità, riverenza e obbedienza. Un potere straniero interessato ad accumulare a dismisura ricchezza per sé e a dissanguare e a stritolare il nostro paese per prosciugarlo delle risorse vitali accumulate con la fatica e il sudore del lavoro, colpendo soprattutto le fasce più deboli e inermi della popolazione.
Fino ad arrivare alle sanzioni alla Siria e a quelle recenti imposte alla Russia, approvate dall’Unione Europea e a cui il nostro paese ha aderito senza battere ciglio con lo scopo di dimostrare ancora una volta le proprie servizievoli virtù di subordinazione ai boss (gangsters) angloamericani e ai loro luogotenenti euro-atlantici.
Niente di nuovo sotto il sole si dirà: tutta la storia recente d’Italia, dal dopoguerra in poi, è percorsa da un unico filo rosso fatto di sudditanza ai padroni angloamericani da parte di servi o “diversamente servi” e di eliminazione dalla scena nazionale di chiunque abbia cercato di farsi in qualche modo carico di un tentativo di riscossa nazionale per la libertà, per un nuovo assetto e sviluppo sociale più sano, equo e giusto, contro la prepotenza del denaro. L’unica differenza con l’oggi è che quel filo rosso che ha sempre cercato di rimanere quanto più possibile nascosto, esce sempre più allo scoperto con le sue trame e le sue sovversioni antidemocratiche e anti-nazionali.
Un occupante che ha avuto sempre bisogno di sostanziare la propria predominanza con lo strumento bellico. Sono più di 110 le basi militari statunitensi disseminate per l’Italia, da Aviano a Sigonella, con la presenza di più di 15.000 soldati americani insieme a 15.000 “civili”, che non sono sul nostro territorio a “girarsi i pollici”. Queste basi militari, insieme alla pervasività di “poteri forti” di matrice angloamericana saldamente inseriti nei gangli decisivi del potere politico, militare, ed economico, privano di sovranità reale la nostra nazione.
Con tutta evidenza quindi la Patria non è libera ma occupata, e i valori della Libertà, dell’Indipendenza, della Democrazia e della Repubblica sono costantemente violati e pervertiti dall’occupante.
E’ quindi una finzione, una sceneggiata, un’ipocrita retorica priva di corrispondenza reale quella a cui il popolo italiano è costretto ad assistere ogniqualvolta ricorrano date e feste simboliche della storia patria, sia questo il giorno dell’Unità Nazionale o delle Forze Armate. Sempre che in queste ricorrenze non si stia consapevolmente celebrando il Risorgimento tradito dalla monarchia sabauda e clericale o l’Italia made in USA post 1945; si celebri allora la Repubblica delle Banane e non la Repubblica Italiana, si celebri Little Italy e non l’Italia. Se così fosse comunque la sceneggiata avrebbe una sua logica interna. Si tratta invece di una vera e propria profanazione quando ad essere scomodati sono i martiri e gli eroi delle battaglie del Risorgimento (poi tradito) in cui la lotta per la Libertà dall’occupante straniero si univa spesso e volentieri a quella per un nuovo assetto sociale e politico della nazione in senso egualitario, democratico e repubblicano.
In quelle circostanze il valore e l’esempio di quei caduti viene infangato da chi quotidianamente dimostra coi fatti di rinnegare quell’esempio e quei valori. Il nome di Goffredo Mameli e di Giuseppe Garibaldi dovrebbero essere interdetti da certe parate e dalle sale di certi palazzi romani – politici, militari ed economici – dove si dà quotidianamente prova di servilismo al padrone euro-atlantico e alle logiche antisociali, antidemocratiche e antinazionali del turbo-capitalismo angloamericano.
Tra i nomi violentati c’è anche quello di Giuseppe Mazzini. Eppure l’opera del patriota rivoluzionario genovese fu di un coraggio, di una coerenza e di una cristallinità che lo pongono naturalmente agli antipodi di quella prassi vile, ipocrita, menzognera che contraddistingue l’attuale azione del ceto politico-militare nazionale. Ma lo è anche e soprattutto per la sua evocazione solenne e mistica – che lo rendono a prima vista ostico a chi come noi oggi non è più abituato ai grandi trasporti ideali, assuefatti come siamo alla grettezza dell’odierna quotidianità – per la missione universale che indica al futuro e all’orizzonte del popolo italiano, una visione che cozza con la meschinità e la miseria dei ragionieri del deficit e dello spread propria degli omuncoli del presente.
Mazzini come fonte d’ispirazione di un “nuovo e autentico Risorgimento”.
L’opera e lo spirito di Mazzini non appartengono a questa pseudo classe dirigente di matrice monarchica – sabauda e clericale – soggetta allo straniero, ma è patrimonio esclusivo di quegli uomini che sono alla ricerca di esempi a cui ispirare la propria azione tesa a ribaltare lo status quo di sudditanza e di servilismo suicida della nazione.
L’eredità di Mazzini è un’eredità “pesante”, per le altezze vertiginose raggiunte dai suoi ideali e dalla sua azione, ma proprio per questo ancor più suggestiva e ispirativa per la gioventù.
Il fortissimo ideale patriottico di Mazzini, il suo senso di appartenenza a una comunità di destino di figli, di madri e fratelli radicato nella nazione (Giovine Italia), base naturale imprescindibile, che non escludeva anzi aveva come obiettivo la fraternità con le altre nazioni europee (la Giovine Europa) e la cooperazione con tutti i popoli dell’Umanità (una prospettiva cosmopolita fondata sulle nazioni e l’amor patrio), quell’ideale è oggi – nel XXI secolo – l’unica fonte ispirativa che possa permettere di resistere ai processi dissolutori dei legami nazionali e nello stesso tempo di essere a base di una nuova lotta di indipendenza patriottica che non degeneri nel becero nazionalismo e nell’imperialismo; l’unica sostanza vitale che sarebbe in grado di trasformare in comunità concrete le marce e decadenti istituzioni nazionali e continentali, consumate dall’inerzia di una casta burocratica mossa esclusivamente dal meschino ed egoistico interesse del denaro, frutto di un servilismo anti-patriottico ai padroni angloamericani.
L’ideale patriottico di Mazzini è inscindibile dalla sua credenza genuinamente democratica e repubblicana; la sua lotta serrata contro l’occupante austriaco non era solo una lotta di liberazione, ma aveva una chiara connotazione ideologica repubblicana e democratica di scontro con la monarchia nella sua duplice forma laica (imperatore) e religiosa (papa). Una credenza che oggi può essere d’ispirazione ad una lotta di liberazione dall’occupante statunitense, contro un potere straniero nei fatti imperiale che perverte il senso della democrazia italiana ed europea, svuotandola di qualsiasi contenuto effettivo, trasformandola in una farsa e in una tirannia di poteri dispotici, corruttori e antipopolari. Mentre la vera monarchia “religiosa” dell’oggi non ha più sede a Roma (o l’ha solo ormai in piccola parte) ma ha il suo centro propulsivo, per quanto camuffato, ancora a Washington, nelle centrali mass-mediatiche che si occupano di indottrinare subdolamente le anime dei popoli colonizzati. E’ un paradosso della storia, ma non per questo meno reale, legato a quella legge del divenire storico riconosciuta anche dallo stesso Mazzini, che gli alfieri degli ideali della democrazia e della libertà di una volta, come lo furono gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna nel XVIII secolo e a cui il patriota genovese medesimo non avrebbe risparmiato lodi ammirative anche per via del suo lunghissimo esilio a Londra, si siano trasformati col tempo in tiranni ed occupanti della nostra nazione e del nostro continente e in poliziotti del denaro, del privilegio e della menzogna su scala mondiale.
E’ fonte d’ispirazione il costante richiamo di Mazzini al ruolo che lo Stato avrebbe dovuto esercitare nell’educazione del popolo, incarnando un’ideale morale superiore, fondato su una nuova concezione di Dio – e sul compito che Dio ha affidato all’Uomo – e della religione (sottratta alla nefasta e antistorica egemonia del clero cattolico), in grado di unire la comunità nazionale (Dio e Popolo) ed elevarla spiritualmente ad una nuova missione di portata universale capace di riscattare ed unire le nazioni del mondo per condurle sulla strada di un progresso – materiale e spirituale –comune e pacifico. La forza dirompente di questa visione del mondo e dello Stato è più che mai oggi fonte d’ispirazione di fronte all’egemonia incontrastata del nichilismo, del materialismo, dell’ateismo e dell’individualismo imperante nel popolo italiano e nella sua gioventù, trascinata e abbandonata all’indolenza e alla rassegnazione, priva di idee forza e di visioni con cui ancorare e dare senso alla propria esistenza. Una visione che introietta nelle anime un senso di missione, religiosa e patriottica nello stesso tempo, di respiro universale, planetario e cosmico, il cui ultimo orizzonte è il bene e il progresso economico, tecnico, scientifico, etico e spirituale del popolo italiano, europeo e dell’Umanità intera.
Fonte d’ispirazione è il fortissimo senso di umanità di Mazzini, di solidarietà operativa, di giustizia sociale e di elevamento concreto dei più deboli, degli oppressi e dei poveri, per una nuova società. Un senso che a sua volta, in Mazzini, trovava ispirazione nell’esempio di Gesù Cristo, che era venuto ad annunciare agli oppressi la loro redenzione su questa Terra e l’instaurazione del Regno di Dio in questo mondo, senza posticiparlo nell’aldilà, come avrebbe col tempo fatto, tradendo quell’esempio, la Chiesa Romana abdicando così al proprio compito storico di salvezza e riscatto universale del genere umano, rinunciando e perdendo per sempre la sua missione epocale.
Questo fortissimo senso di umanità riconduce Mazzini nell’ambito di quella vasta e multiforme corrente ideale socialista nata nell’ottocento dalle suggestioni della Rivoluzione Francese. Mazzini non risparmiò aspre critiche ad alcune correnti estremiste del socialismo per il loro settarismo di classe, per l’egualitarismo radicale, per le manie statolatriche che schiacciavano la libertà dell’individuo e per la sottovalutazione dell’elemento nazionale. Ma il suo profondo sentimento a fare il possibile per l’elevazione e per la libertà dei poveri e degli oppressi contro l’ignoranza e lo sfruttamento, s’inseriva inequivocabilmente in quella tendenza socialista dell’epoca ancora fluida e non egemonizzata dal marxismo. Quella tendenza socialista, i suoi valori e le sue aspirazioni, sono oggi più che mai fonte d’inspirazione per ridare linfa ad un pensiero e ad un’idea di società, più giusta e morale, diversa da quella oggi dominante fondata sui dogmi del denaro e del darwinismo sociale. Serve per non cedere e resistere alle ingiustizie sociali sempre più crescenti, alla povertà e alla precarietà sempre più diffuse, alla logica del capitale che tutto perverte e piega ai suoi fini, ai soprusi dei padroni angloamericani, all’imperialismo della NATO sui popoli oppressi ed emergenti. Serve per recuperare quel senso di fraternità, di umanità, di uguaglianza e di internazionalismo, soli capaci di smuovere le coscienze dall’indifferenza e di dare vita alle più grandi virtù umane che riposano nel cuore degli uomini, dalle quali solo può nascere la spinta ad una nuova idea, etica e sociale, di comunità nazionale.
L’etica è la pietra angolare su cui si erge tutto il pensiero mazziniano. Senza etica non ci sono missioni e nuove Epoche storiche. Alla base dell’etica ci sono i doveri dell’uomo. I doveri sono per Mazzini l’unico antidoto alle degenerazioni, fondate unicamente sui diritti, seguenti alla pur sacrosanta Rivoluzione Francese, pars destruens che non è stata però sufficiente ad edificare quella nuova società e quella nuova Epoca storica, figlia del progresso incessante e del divenire, di cui Mazzini presentiva l’imminente nascita sui cadaveri delle precedenti epoche, quella imperiale, monarchica e papale. Questo profondo richiamo all’etica e al dovere è quanto mai oggi ispirativo per resistere a quello stesso caos e a quella stessa anarchia individualista e materialista che Mazzini aveva già intravisto dispiegarsi agli inizi dell’ottocento e che oggi tende a manifestarsi con ancora più virulenza, trasformando le società occidentali in collettività atomizzate preda dell’anarchia, dove l’egoismo, l’indifferenza, la sopraffazione del più forte, la corruzione, il degrado, la povertà, la violenza, il disgregamento, sono ormai pane quotidiano. Ma l’etica, oggi come ieri, non è solo un fattore di resistenza ma anche e soprattutto di costruzione, con l’azione, di nuove Epoche storiche.
Il Pensiero mazziniano dell’etica e dei doveri si doveva incarnare nell’Azione. Pensiero e Azione sono per Mazzini due facce della stessa medaglia, a livello individuale come di lotta politica. Tutta la sua esistenza fu informata da un’abnegazione e da una coerenza etica assoluta. In esilio per la maggior parte della propria vita in Svizzera e in Gran Bretagna, braccato dalle polizie di mezza Europa – rifuggendo e schifando sempre le corruzioni e i compromessi – Mazzini si prodigava a risvegliare senza sosta con la penna la gioventù italiana; nello stesso tempo metteva in campo un’instancabile azione di solidarietà ed educazione dei poveri e di organizzazione in prima persona di un’attività rivoluzionaria tesa all’unità dei patrioti, scevra di meschinità e settarismi. Un esempio ed un monito sempre valido per l’oggi, per i tanti, per i troppi, che predicano bene e razzolano male. Una condotta ed un pensiero intransigente che ricordano quello degli uomini migliori che fecero grande e immortale la Repubblica Romana più di duemila anni fa, come Catone.
Il binomio Pensiero-Azione e le virtù della Roma antica trovarono incarnazione nella gloriosa esperienza politica della Repubblica Romana (RR), nel 1849. Il triumviro Mazzini, insieme alle centinaia di martiri – italiani e stranieri, da Goffredo Mameli all’ex schiavo di colore sud-americano Andrea Aguyar della Legione Garibaldina – avrebbe scolpito nel marmo della storia collettiva nazionale un esempio imperituro a cui le giovani generazioni a venire avrebbero guardato per ispirarsi ad una nuova impresa di liberazione nazionale, basandosi su quegli eterni valori che allora rividero la luce: eroismo, dovere, eguaglianza, fratellanza, repubblica, libertà, umanità, Dio, popolo.
Fu in quella gloriosa esperienza che Mazzini commise però un errore tattico che sarebbe costato caro alla Repubblica Romana chiudendo tragicamente un’esperienza che avrebbe potuto condizionare, se vincente, in modo totalmente diverso l’indirizzo del Risorgimento italiano. Cadendo vittima delle proprie illusioni sulla forza delle componenti politiche repubblicane francesi, confidò, in certa misura, sull’ausilio straniero. Un errore che anche Giuseppe Garibaldi avrebbe rinfacciato al rivoluzionario genovese. Ma anche dagli errori dei Grandi s’impara per trarre lezioni di più ampio respiro per il presente. I patrioti italiani che oggi vogliono tornare alla battaglia non devono cadere nell’illusione che la salvezza nazionale e continentale possa arrivare da elementi esterni, diversi da loro stessi. Solo sulla propria vitalità ed energia, solo su quelle forze che appartengono al popolo e ai patrioti italiani, è segnata la via ad un riscatto autentico e non illusorio.
Che è poi il senso ultimo di quel sacro giuramento della Giovine Italia ancora oggi profezia rivoluzionaria di una Patria che non è ancora mai stata ma che forse, un giorno, vedrà la luce. Di un nuovo e autentico Risorgimento inverato nel nome e nello spirito dei martiri, dei caduti.
Una nuova Patria che nel XXI secolo non potrebbe che accogliere con ottimismo – come già fece Mazzini che vi vedeva all’opera un disegno divino – la forza incessante e creatrice del divenire storico e del progresso dell’Umanità; una nuova Patria capace quindi di sintonizzarsi sul quel moto inarrestabile del mondo a fianco di quei giovani popoli chiamati a dare il loro prezioso contributo all’evoluzione del genere umano. Una nuova Patria quindi incompatibile con l’appartenenza a un’organizzazione politico/militare come la NATO – egemonizzata dagli Stati Uniti d’America – antistorica, arroccata su schematismi mentali vecchi, guerrafondai e xenofobi.
Michele Franceschelli
Articolo originariamente pubblicato sul giornale on-line 'Stato e Potenza'