“Mai senza gli americani” è il titolo di un articolo (pagine 183-188) apparso sull’ultimo numero della rivista Limes dedicato ai servizi segreti, firmato con lo pseudonimo Mazarinus. L’articolo in questione non ha peli sulla lingua nel trattare un argomento delicatissimo (per questo l’uso dell’anonimato?) e tenuto il più possibile in ombra sui mass-media italiani, quello del ruolo fondamentale giocato dai nostri servizi segreti nelle vicende politiche nazionali e della loro “fedeltà” ai governi del paese.
Mazarinus, dopo aver toccato diversi argomenti, in particolare quello dell’attacco dei servizi segreti italiani contro Berlusconi, colpevole di aver fatto propria una politica filo-russa, in particolare con l’appoggio alle posizioni di Putin nella guerra russo-georgiana del 2008, inquadra senza mezzi termini l’appartenenza e la visione geopolitica “atlantica” dei nostri servizi: “Dal punto di vista dei nostri servizi, o l’Italia è filoamericana o non è. Soprattutto non può essere né filorussa né filocinese”.
Quindi l’Italia, per i nostri servizi segreti, non solo deve starsene lontana da Russia e Cina, ma dev’essere molto attenta a quello che sta facendo la Germania. Aggiunge infatti Mazarinus: “Quest’approccio persistente giova al paese a fasi alterne, cioè limitatamente ai periodi durante i quali USA e Italia si muovono in sintonia. Come quello attuale, in cui Roma guarda a Washington anche come soluzione di emergenza al precipitare della nuova “questione tedesca”.
I nostri servizi segreti si muovono quindi in un’ottica atlantica, anti-BRICS e fondamentalmente antieuropea, perché antirussi (quindi contro il partner naturale della maggior parte dei paesi europei, compresa l’Italia, e tassello imprescindibile della Grande-Europa da Lisbona a Vladivostock) e potenzialmente anti-tedeschi, se la Germania dovesse persistere nella sua direttiva geopolitica e geoeconomica verso l’Est e di scontro con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sulla configurazione dei poteri in Europa.
La cartina di tornasole di questi scenari, dell’atlantismo dei nostri servizi e della “questione tedesca”, sono i fatti che stanno avvenando in Ucraina, una guerra che – alla presentazione del nuovo numero di Limesrealizzata a Bologna – Dario Fabbri, autore di un articolo sulla NSA sullo stesso numero, ha definito come una guerra degli USA sia contro la Russia che contro la Germania.
Una cartina di tornasole quindi non solo per capire come vorrà/potrà muoversi Berlino, attaccata nel vivo del suo partenariato strategico con Mosca, ma anche l’Italia, un altro dei partner più importanti di Mosca in Europa.
Se le forze politiche ed economiche italiane sono state fino ad ora ritrosie ad accettare e a fare propria l’escalation e le provocazioni di Washington contro Mosca, cominciando realmente a cedere solo dopo la manipolazione e la pressione mediatica successiva al caso dell’aereo malese MH-17, i servizi segreti italiani, fin dall’inizio, avrebbero naturalmente sposato la nuova logica della Guerra Fredda di matrice statunitense. Così Mazarinus: “Continuiamo ad essere più realisti del re: un dato con il quale i governi italiani dovranno fare i conti ancora molto a lungo. Ne abbiamo avuto una riprova ulteriore di recente, quando una nave Sigint della Marina Militare, l’Elettra, ha attraversato il Bosforo per monitorare quanto accade nei dintorni della Crimea e del Donbass: il primo atto di ricorso alla forza da parte dell’Italia nei confronti di Mosca dalla fine della Guerra Fredda, che sembra essere stato deciso dal Ministero della Difesa senza alcuna particolare concertazione con la Farnesina e con Palazzo Chigi. Insieme ai marinai, è ancora una volta l’intelligence il ferro della lancia antirussa del nostro paese”.
Mazarinus termina qui, ma sarebbe stato interessante che ci spiegasse anche il “perché” i nostri servizi segreti, centro di potere decisivo nello Stato, siano così fedelmente atlantici: viene da chiedersi infatti se lo siano per reale convinzione di fare così il bene della nazione o per altri vincoli profondi sedimentati in decenni di strettissima collaborazione con i servizi di Washington, tuttora persistenti. Verrebbe da pensare che, di fronte all’evidenza di un mondo sempre più multipolare, l’arrocamento atlantico dei nostri servizi non possa che essere il frutto di una “necessità” d’apparato, più che di una libera scelta strategica per il bene nazionale.
Desta interesse infine, il fatto che certe tesi vengano sostenute su Limes, una rivista non certo antagonista o di approccio anti-americano, perché sono senza dubbio il sintomo di una crescente insofferenza da parte di diversi attori italiani, ancora ahinoi minoritari, alle politiche di quegli Stati Uniti d’America che stanno sempre più trascinando il nostro paese e l’Europa intera nel conflitto fratricida in Ucraina e nel pantano del terrorismo, dalla Libia alla Siria.
Michele Franceschelli
Articolo originariamente pubblicato sul giornale on-line 'Stato e Potenza'