Era il 30 agosto del 2008 quando Silvio Berlusconi, a Bengasi, siglava con Muammar Gheddafi un “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” tra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista. Un Trattato capace di imprimere un ulteriore salto di qualità ai già saldi rapporti tra i due paesi, verso un vero e proprio partenariato. La cooperazione tra le due nazioni veniva rinforzata in campo culturale e scientifico, economico e industriale, energetico, della difesa, della non proliferazione e del disarmo. La collaborazione si sarebbe concretata in piccoli e grandi progetti affidati ad imprese italiane con fondi gestiti direttamente dall’Italia per un valore di 5 miliardi di dollari americani permettendo alle nostre aziende di radicarsi ancora di più in terra libica, porta d’accesso per il Medio Oriente e l’Africa subsahariana. Particolare importanza era poi riposta nella lotta al terrorismo e all’immigrazione clandestina con una serie di efficaci iniziative congiunte. Agli articoli 3 e 4 s’imponeva inoltre ai contraenti di non ricorrere alla minaccia o all’impiego della forza con la clausola del divieto di compiere atti ostili in partenza dai rispettivi territori. Il Trattato stabiliva infine che il 30 agosto, anniversario della firma, fosse proclamato “Giornata dell’Amicizia italo-libica”, un modo simbolico per suggellare la definitiva riappacificazione del popolo libico con l’Italia.
Ma il 30 agosto non sarà certo ricordato in questo modo, ma passerà
alla storia come la “Giornata dell’infamia e del tradimento” dell’Italia alla
Libia. Difatti una casta politica a 360° asservita a Washington e a Londra (Sarkozy non è stato altro che un neocon con passaporto francese)(1) decise,
nel marzo del 2011, di far partecipare l’Italia ad una campagna militare di
aggressione contro uno stato laico e socialista come quello di Muammar Gheddafi
solo per adempiere alle esigenze geostrategiche atlantiche, sostenendo i
terroristi islamici, facendo carta straccia del Trattato e degli impegni poco
prima assunti e gettando alle ortiche le enormi opportunità geo-economiche che
le si aprivano in Libia dopo la firma del 2008. Una guerra criminale, con
centinaia di vittime civili a causa dei bombardamenti della NATO e catastrofica
per l’Italia: la “nuova Libia” post-gheddafiana sarebbe diventata una “nuova
Somalia” nel Mediterraneo, alle porte di casa, un paese in preda alla guerra
civile, focolaio del terrorismo islamico e centro d’irradiazione
dell’immigrazione clandestina. Il 30 Agosto è diventata quindi la “Giornata
dell’infamia e del tradimento” del ceto politico italiano non solo contro la
Libia di Muammar Gheddafi, ma anche contro tutto il popolo della nostra nazione.
Quello stesso ceto politico che - uniformemente da destra a
sinistra - ha condotto l’Italia in quella disastrosa guerra per soddisfare alle
esigenze di Washington e che all’epoca la giustificò con le peggiori menzogne e
che siede ancora impunito, davanti all’evidenza dei risultati catastrofici di
quell’intervento, nei più alti scranni del potere, non solo non intende
chiedere scusa al popolo italiano ma continua a tradirlo e a mentirgli persistendo
nell’ignobile e autolesionistica strada della soggezione agli Stati Uniti
d’America, come si è visto in Siria e in Ucraina, giustificandola con ridicole
quanto patetiche argomentazioni che servono solo a nascondere il proprio
servilismo, la propria meschinità e il proprio tradimento.
Ma il popolo italiano non dimentica e, soprattutto, non tutto è
perduto! Il 30 agosto può infatti essere anche una data di simbolica riscossa
per la nostra nazione! Era infatti il 30 agosto del 2011 (2), nel pieno
dell’assalto islamista di Tripoli e dei bombardamenti NATO sulla Libia, quando
scesero in piazza davanti alla Farnesina, unici in Italia, un centinaio di
persone per sostenere la resistenza di Gheddafi e per condannare
la criminale, autolesionistica e traditrice partecipazione italiana alla
guerra. Sfidando il silenzio assordante di un ceto politico e massmediatico in
blocco schierato con i bombardieri della NATO, uomini e donne brandivano i
tricolori italiani e le bandiere verdi della Giamahiria, rilanciando così
simbolicamente la solidarietà alle forze laiche e socialiste del Colonello
Gheddafi contro i terroristi insieme alla battaglia di liberazione nazionale
dall’occupante statunitense.
Da quella
dimostrazione che allora accertò che esisteva un’Italia non lobotomizzata, non
servile, ancora capace di ribellarsi per la libertà e la giustizia, sorsero dei movimenti il cui scopo prioritario è rilanciare la battaglia di liberazione
nazionale dall’occupante statunitense insieme alla solidarietà alle forze laiche
e socialiste arabe che ancora resistono alle trame angloamericane e al
terrorismo islamico.
Dobbiamo pretendere che la nostra nazione si faccia promotrice di un sostegno
attivo – diplomatico, militare, politico ed economico - alle forze laiche, socialiste
e progressiste presenti nel Mediterraneo, da Bashar al-Assad ad Abd al-Fattah al-Sisi, dalla
resistenza gheddafiana (esigendo e lavorando per la liberazione di Saif
al-Islam Gaddafi e Abdullah Senussi, anche in sinergia con Aisha Gheddafi e sostenendo militarmente la resistenza
verde nel paese) a Abdelaziz Bouteflika fino ad Abu Mazen, insieme ad un’azione incisiva volta ad
estromettere dalla nostra nazione e dall’area mediterranea tutte le forze
d’occupazione sia di Washington che di Londra, foriere di un’ormai sempre più
evidente e interessata instabilità geopolitica dalle ripercussioni
catastrofiche per l’Italia. Solo così si potranno creare le condizioni per
fermare l’avanzata del terrorismo islamico e dell’invasione migratoria, e per
ripristinare un clima favorevole allo sviluppo e al progresso
tecnico-scientifico della nostra economia, costituita da quelle centinaia di
piccole e medie imprese naturalmente portate ad espandersi sulle coste del
Mediterraneo e invece oggi in preda alla morsa di una crisi da cui il nostro ceto
politico è impossibilitato a liberarle proprio per la sua strutturale soggezione
ai padroni euro-atlantici.
Un imprescindibile
alleato in questa battaglia titanica è la Russia di Vladimir Putin, da sempre
amica dei regimi laici, socialisti e progressisti del Mediterraneo e senza
ambiguità e con continuità schierata contro il terrorismo islamico, al
contrario degli statunitensi che ammiccano volentieri agli jihadisti
ogniqualvolta tornino utili contro i propri nemici di turno. Anche per questo bisogna schierarsi a fianco delle popolazioni russofone
d’Ucraina e della resistenza delle Repubblica della Novorossia, ed esigere l’immediata rimozione delle sanzioni economiche - volute dagli Stati Uniti e a
cui ha supinamente aderito il nostro paese - contro la Russia, perché Mosca è l’unico alleato affidabile e di lungo periodo con cui l’Italia può spegnere quelle fiamme che stanno divampando sulla sponda sud del Mar
Mediterraneo e che sempre più stanno intaccando la nostra nazione, con effetti
devastanti. Ma i padroni statunitensi non permetteranno mai all’Italia di
instaurare un qualsiasi partenariato serio e di lungo periodo (politico-militare, oltreché economico) con la Russia.
Per questo gli italiani devono svegliarsi e lottare, come prima istanza,
per liberarsi dall’occupante USA; come ci ha insegnato il Colonello Gheddafi
infatti, le condizioni per un reale sviluppo economico e per la giustizia
sociale si possono verificare solo se si conquista la sovranità della propria
nazione dall’occupante straniero: una sovranità da riprendersi con la lotta e
la determinazione propri di chi crede nella giustezza delle proprie analisi e nella
forza dei propri ideali, di quel senso di libertà e dell’onore, di
internazionalismo, di giustizia sociale e di sviluppo tecnico-scientifico di
cui i patrioti italiani dovrebbero fare la propria bandiera di civiltà e progresso.
Michele Franceschelli
Michele Franceschelli
Articolo originariamente pubblicato sul sito di "Socialismo Patriottico"
Note:
1. Vedi anche, per esempio: George Bush and 'Sarko the American' stage Paris love-in e, direi abbastanza significativo, questo: http://www.breitbart.com/national-security/2015/08/25/son-of-former-french-president-sarkozy-proud-to-be-american-but-not-french/
2. Vedi: https://30agosto2011.wordpress.com e https://rutube.ru/video/016a334c82d3d2948de05e6752b5f418/?pl_id=767566&pl_type=user