Il primo ministro ucraino Arseniy Yatsenyuk, fedele uomo di Washington a Kiev, ha nuovamente esortato l’Unione Europea (1) a bloccare il gasdotto South-Stream – attualmente in costruzione – e che dovrebbe trasferire petrolio e gas russo verso l’Europa centrale e meridionale via Mar Nero, aggirando l’Ucraina.
Il mega-appalto per la costruzione della prima linea del tratto offshore del South Stream è stata vinta, nei mesi scorsi, dall’italiana Saipem, controllata da Eni, per un valore di 2 miliardi di euro (2); una vera boccata d’ossigeno per la malandata economia italiana e anche un’ottima possibilità per la nostra nazione di dimostrare le proprie capacità tecnico-scientifiche in lavori infrastrutturali particolarmente delicati e complessi.
Senza dimenticare che il progetto South-Stream è nato dalla strettissima e fruttuosa collaborazione tra la nostra Eni e la russa Gazprom per garantire la sicurezza dei rifornimenti energetici all’Italia; una collaborazione sempre osteggiata dagli ambienti euro-atlantici di Bruxelles e Washington; fino ad ora il South-Stream è miracolosamente riuscito a sopravvivere agli attacchi concentrici degli euro-atlantici e alla defenestrazione di Berlusconi.
Ma le pressioni di Washington sono sempre più insistenti nel tentativo di isolare la Russia e staccarla dai suoi tradizionali partner economici europei, in primis l’Italia, con danni socio-economici inimmaginabili per dei paesi, come la nostra nazione, già in grave sofferenza e con altissimi tassi di disoccupazione; non si tratta solo del mega-appalto di Saipem nel South-Stream, o le altre commesse di Eni e Finmeccanica, sempre più a rischio, ma delle centinaia di piccole e medie imprese italiane che hanno intrapreso, in tutti questi anni, ottime relazioni commerciali con la Russia e che rischiano di perdere un mercato enorme e ricco di potenzialità; il tutto, per accontentare i desiderata geopolitici di Washington e dei suoi vassalli a Bruxelles e Roma.
Gli Stati Uniti sono intenzionati ad incunearsi nella crisi ucraina per cogliere l’opportunità geopolitica di staccare la Russia dal continente rinsaldando così la presa sull’Europa, fomentando le peggiori pulsioni scioviniste e guerrafondaie della giunta al potere a Kiev, che sta ricorrendo a veri e propri crimini di guerra contro la propria popolazione, con bombardamenti aerei e bombe a grappolo, nel silenzio dei nostri mass-media. Solo ieri un bombardamento dei jet dell’esercito ucraino ha fatto 8 morti tra la popolazione civile (3). La Ria-Novosti (4) ha riportato ieri come il nuovo presidente Petro Poroshenko abbia discusso dell’operazione “anti-terrorista” del suo paese nel sud-est dell’Ucraina con Jeffrey Payette, ambasciatore statunitense a Kiev; il diplomatico statunitense avrebbe sollecitato Poroshenko ad agire con decisione contro le popolazioni delle regioni russofone del sud-est; Payette avrebbe anche promesso di “sedare la protesta internazionale” sulle possibili vittime della repressione nelle regioni di Donetsk e Lugansk.
I crimini dell’esercito di Kiev avvengono quindi con l’appoggio diretto ed indiretto di Washington e nel silenzio assordante della stampa occidentale.
Proprio ieri, Derek Chollet (5), segretario aggiunto per gli Affari della sicurezza internazionale presso il ministero della Difesa Usa, principale consigliere del segretario della Difesa statunitense sulla strategia della sicurezza internazionale e sulle questioni politiche legate all’Europa, era a Kiev per incontrarsi con il ministro della Difesa ucraino Mikhailo Koval e Andry Paruby, capo della Sicurezza Nazionale, per confermare il supporto, anche finanziario (18 milioni di dollari) degli USA nell’assistenza militare all’esercito ucraino.
Chollet sarà a Roma il prossimo 6 giugno (6), per assicurarsi che l’Italia segua autolesionisticamente gli Stati Uniti in questa criminale riedizione della “Guerra Fredda” made in USA, una strategia geopolitica che tra l’altro, se seguita, non farà altro che acuire la crisi economica della nostra nazione portandola sempre più verso il baratro, oltre che a riportare la guerra alle porte dell’Europa.

Michele Franceschelli